Le soluzioni variamente adottate in Italia e ancor prima in vari paesi europei (Germania, Paesi Bassi, Svezia, solo per fare alcuni esempi noti) nel settore delle biblioteche specialistiche universitarie contemplano (e di fatto hanno già contemplato) la perdita di nuclei storici e scientifici di valore inestimabile. Organizzati con criteri messi a punto direttamente dai maestri che hanno tracciato i confini delle discipline, tali nuclei costituivano altrettante cellule della trasmissione del sapere scientifico: molte, diffuse e democratiche (perché pubbliche). Smembrare e riammassare tutto ciò causa dunque svariati danni: l’insieme di monografie, miscellanee e riviste che permettono al docente e non meno allo studente in formazione di avere davanti a sé tutti gli strumenti necessari per studiare e stimolare la curiosità viene irrimediabilmente sconvolto e riorganizzato in base a criteri totalmente altri.
Non è scientifico, per esempio, conferire in deposito libri vecchi e meno consultati: si tratta di un criterio ridicolo allorché si pensi che nella maggior parte dei settori umanistici la letteratura fondamentale è ottocentesca e i volumi "poco consultati" sono spesso quelli di maggior valore e sono anzi di valore proprio perché rari e meno noti ai più. Altrettanto assurda è la soluzione, pure praticata, di separare monografie da periodici: due diversi modi di sviluppare la ricerca che dialogano necessariamente tra loro e devono essere contemporaneamente e facilmente a disposizione. Avere davanti agli occhi gli strumenti cartacei relativi a una disciplina permette di scorrere i titoli e scoprire non solo ciò che si cerca al momento, ma anche articoli nuovi e inaspettati, nonché di approfondire immediatamente e procedere senza interruzioni nelle proprie ricerche.
Non lo trovate terribilmente vero?