Siamo alle solite.
Si naviga a vista e si fatica a prendere una decisione su chi stia facendo i peggiori danni. Il DPCM annunciato il 3 novembre, e che dovrà essere pubblicato il 6, ha spaccato l’Italia. Il Governo accusa le regioni, le regioni il governo, i tecnici gli scienziati, i sindaci i presidenti. Una Babele di critiche, balzelli, salti pindarici e smentite mentre la sanità, e il pericolo connesso al suo cortocircuito, implode.
I ritardi sono all’ordine del giorno e la maggioranza passa le sue interminabili giornale a rincorrere le smentite, mentre l’ira degli italiani imperversa. Due rette parallele che rischiano di non incontrarsi mai, neppure accidentalmente, deludendo anche il V postulato di Euclide.
La cassa integrazione Covid al 3 novembre è stata pagata a 3.48 milioni di lavoratori mentre 12.116 sono ancora in attesa di ricevere i sussidi previsti.
Per il decreto Ristori, ci si è accorti che non vi sono sufficienti risorse e il consiglio dei ministri che in questi giorni avrebbe dovuto approvare la proposta, non si è riunito.
A tutto questo però la maggioranza ha riposto fermamente e dopo 14 mesi di governo si è riunita, attraverso i suoi massimi rappresentanti. Sembra che il 4 novembre si sia tenuto un incontro al quale, oltre al (tele) Presidente Conte abbiam preso parte: Nicola Zingaretti (PD), Vito Crimi (M5S), Matteo Renzi (Iv), Roberto Speranza (Leu). Una sorta di conclave da far invidia al G7 e dal quale sono riusciti a altri due tavoli di lavoro. Una scatola cinese che dunque prevede un gruppo impegnato sulle riforme istituzionali, un altro “per definire alcuni obiettivi e la strategia di politica economica e sociale”. Insomma un altro nugolo di teste pensanti che si aggiunge alla giungla delle task force anti-Covid, consuetudine oramai del Governo.
Non ci rimane che far appello alla SPERANZA, che sono sicura riuscirà ad individuare qualche altra modifica cromatica per identificare la gran parte degli italiani che in questo momento rischiano, licenziamenti, chiusure e fallimenti.