La storia è semplice, il primo Conte ha tolto il sancta sanctorum del CONI a Malagò, per sbloccare decine di milioni verso la promozione sportiva e gli sport minori; lo stesso Malagò è corso al Comitato Olimpico Internazionale a perorare la causa dell’esclusione di bandiera e inno italiani dai giochi olimpici a Tokyo, per punizione e rivalsa. Invece che lapidarlo sulla pubblica via, il secondo Conte, ma non ancora terzo, ha calato le brache e approvato in fretta e furia un decreto che riconsegna a Malagò tutto il bottino, con tante scuse.
Ma quale sovranità, ma quale Europa, ma quale troika: l’Italia non ha l’autorità per decidere nulla, neanche come usare i soldi del pallone. Ogni consorteria in questo paese senza dignità fa quel che vuole e se non ci riesce si trova un alleato internazionale disposto a bullizzarci per prendersi in cambio un pezzettino della ricca torta di un’Italia in svendita e allo sbando. È l’anno dantesco no?
“Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di provincie, ma bordello!”